Il cibo e il peso corporeo: un’ossessione!
Il cibo e il peso corporeo: un’ossessione!
Un piatto di pasta, una fetta di carne, un dolce… Ci nutriamo per vivere, certo, ma per molti di noi mangiare è anche un vero piacere! Non è così per quanti sviluppano un disturbo del comportamento alimentare. Il rapporto con il cibo può diventare, infatti, una risposta a una sofferenza psichica: tristezza, depressione, tensione, stress, ansia, trauma… Mangiare nell’immediato dà sollievo, tampona la sofferenza e coccola, ma quando si perde il controllo, fino ad arrivare a ingerire quantità incredibili di alimenti, si fa una grande violenza al proprio organismo. Facilmente si entra nella logica del “tutto o niente” e in queste situazioni è difficile controllarsi. Le calorie assunte diventano così tante che “tanto vale” andare avanti a mangiare fino allo sfinimento. Il giorno successivo all’abbuffata in genere seguono propositi di restrizione alimentare totale (digiuno) o parziale (dieta). Altre volte, si cerca un rimedio immediato per far tacere i sensi di colpa, ed ecco allora che si ricorre al vomito auto-indotto, a lassativi o ancora a un esercizio fisico massacrante. Entrambi i comportamenti compensatori in realtà non fanno altro che legittimare l’abbuffata successiva. Ci si guarda allo specchio, ci si mette sulla bilancia…“Quanto peso oggi? Ieri quanto pesavo?” Scatta così un meccanismo di controllo ossessivo della propria forma fisica e del peso corporeo, si abbandona il piacere di mangiare e si instaura un nuovo rapporto con il cibo fatto di quantità di calorie e sensi di colpa per averne assunte troppe. Sempre troppe: questa è la visione distorta che si viene ad acquisire. Spesso infatti questi individui hanno un’alterata percezione fisica, tendono a vedersi sempre e comunque oltre il “peso forma”, attribuendo loro stessi – e non uno specialista – un valore a questo peso. Il disturbo del comportamento alimentare ha poi forti ripercussioni sui rapporti relazionali e affettivi. Anche uscire con gli amici diventa un problema, soprattutto se significa mangiare insieme e “mettere in mostra” il proprio corpo. Occorre quindi un intervento terapeutico mirato per correggere questo tipo di comportamento disfunzionale che genera e mantiene il disturbo. Analizzare i vantaggi e gli svantaggi del disturbo alimentare può essere un primo, fondamentale, passo per stimolare la motivazione al cambiamento. Spesso infatti sono così forti i vantaggi secondari, come ottenere maggiore attenzione da parte di familiari o amici, da indurre a perseverare su quella strada sbagliata, anche senza rendersene conto. L’informazione sui danni che possono provocare alla lunga il vomito e l’uso di lassativi aiuterà poi a frenare tali comportamenti. Dopo avere monitorato tramite un diario i comportamenti alimentari disfunzionali, si individuano quelli sani da sostituire. L’alimentazione deve diventare regolare, nei tempi e nelle modalità, e deve prevedere tutti i cibi: bisogna lavorare sulla “paura di ingrassare” e apprendere il concetto della “giusta quantità”, senza restrizione eccessiva. Le persone devono infatti imparare a tollerare e perdonarsi eventuali “sgarri” alimentari, quando mangiano qualcosa che non avrebbero dovuto, o in quantità superiori. Devono spezzare il pensiero dicotomico di tutto o nulla secondo cui erroneamente una prestazione è perfetta o completamente sbagliata, e bloccare così sul nascere l’abbuffata, riflettendo anche su quali conseguenze negative avrebbe. Con l’aiuto del terapeuta si dovrebbe formulare un promemoria di cose da pensare e da fare per gestire le situazioni ad alto rischio. Quindi si individueranno insieme le modalità con cui ridurre i comportamenti di controllo eccessivo del corpo. Per esempio: pesarsi solo una volta alla settimana; stabilire un tempo massimo per vestirsi e quanti vestiti provare; decidere regole su quando, dove, quante volte e come osservare il proprio corpo, senza dare giudizio su di esso; smettere di chiedere rassicurazioni sul proprio aspetto. In parallelo si lavorerà sull’accrescimento dell’autostima, cercando di allargare lo schema di autovalutazione ancorato quasi esclusivamente alla propria forma fisica. Anche una riparametrazione di quelli che sono gli standard comuni contribuirà ad abbandonare la tendenza all’eccessivo perfezionismo. Da ultimo si cercherà di potenziare le relazioni interpersonali e di ristabilire un rapporto con l’altro sano, non veicolato attraverso la lente del cibo, e si offrirà sostegno ai familiari laddove richiesto.