La straordinaria forza delle emozioni negative
La straordinaria forza delle emozioni negative
Perché esistono le emozioni negative, come la rabbia e la tristezza e la paura? L’uomo non vivrebbe meglio di soli momenti di gioia?
Il motivo è semplice: come per l’emozione positiva della gioia, tali emozioni negative sono rimaste nel corso della nostra evoluzione perché hanno un valore adattivo, permettono dunque all’individuo di affrontare e superare situazioni stressanti e altamente “pericolose”, evitando che la stessa persona possa mettere in atto comportamenti totalmente autodistruttivi.
In poche parole la tristezza, la rabbia e la paura servono all’individuo che le sperimenta per adattarsi e sopravvivere nei diversi contesti.
Ma in che misura sono fondamentali e dunque non possiamo farne a meno?
Per riprendere quanto afferma la dott.ssa Luncangeli, “Le emozioni influenzano la memoria a lungo termine lungo un processo che avviene attraverso l’attivazione degli ormoni dello stress nel circuito dell’amigdala, la parte del cervello che gestisce le emozioni. Le emozioni influenzano il comportamento sulla base di un meccanismo di reazione”.
Ciò significa che tutte le emozioni, dunque anche quelle negative, incidono sui nostri comportamenti e sulle nostre scelte facendoci appunto reagire in collaborazione con la parte “razionale” del nostro cervello.
Le emozioni hanno una grande influenza sul comportamento e sulle nostre scelte perché, oltre al sistema cognitivo razionale, entra in gioco anche il sistema emotivo.
Non possiamo controllare tutti i nostri comportamenti con la mente, perché le emozioni positive o negative spesso prendono il sopravvento e la nostra parte “razionale” è influenzata dalla nostra parte “emotiva”.
Ecco perché tutte le emozioni, comprese quelle negative, sono una parte fondamentale nei processi decisionali della persona ed è necessario che la persona impari a convivere e gestirle piuttosto che allontanarle o pensare di eliminarle completamente.
Riprendendo sempre la dott.ssa Lucangeli, le emozioni, in particolare quelle negative, sono fondamentali perchè sono il “grande decisore”, perché questo circuito di cui fanno parte –il sistema emozionale- è più potente del sistema cognitivo.
Questo “grande decisore” però presenta un difetto: è costruito in modo che di fronte alle emozioni le nostre azioni e i nostri comportamenti siano regolati da un solo principio: mi fa stare male o al contrario mi fa stare bene.
Cosa significa mi fa stare bene o mi fa stare male?
È bellissimo osservare come nel nostro cervello, se viviamo un momento di gioia, si manifesti una scarica elettrica – detto picco herziale- ad altissima intensità ma di brevissima durata; ma perché accade ciò? Perché le sensazioni positive derivate dalla gioia non permangono a lungo?
I momenti di gioia sono funzionali per l’individuo, fanno stare bene, e devono lasciare una traccia nella nostra memoria che ci permetta di ricercare ancora queste sensazioni; ecco il perché di una scarica di breve durata ma ad altissima intensità: io come essere umano mi devo attivare, reagire e mettere in atto nuovi comportamenti mirati a raggiungere nuovamente quello stato emotivo. In sintesi: provo un momento di gioia, metto in atto un comportamento che mi fa stare bene e poi tutto finisce.
Questo però è assolutamente normale per chiunque di noi: non possiamo vivere costantemente di momenti di gioia poiché altrimenti mi abituerei ad uno stato di costante eccitazione, il che come persona non mi spronerebbe ad attivarmi, a muovermi, a cercare soluzioni per risolvere problemi, a mettere in atto comportamenti atti a ritrovare nuovamente quelle sensazioni e quella felicità.
Ciò che accade nel nostro cervello è totalmente differente: non è presente un picco herziale, come per l’emozione della gioia, ma tali emozioni producono un movimento elettrico costante ed a bassa intensità, spesso sotto la soglia della nostra consapevolezza, ciò significa che spesso non ce ne rendiamo conto.
L’angoscia, la rabbia, la paura devono produrre un campanello d’allarme, un “allert” costante che deve spronare la persona a mettere in atto comportamenti di fuga o di allontanamento dal pericolo o da situazioni troppo “stressanti”, quelle situazioni che mi fanno stare male. Solo in questo modo la persona ha modo di ricordare e di attivarsi in modo che certe situazioni non si ripetano, proprio perché negative e causa di sofferenza.
Cercare dunque di rimuovere, bloccare o eliminare completamente le emozioni negative che si provano in un dato momento di vita non solo non è possibile ma a volte è controproducente. Ostinarsi a combattere per togliere completamente il proprio disagio emotivo, – provocato dalla rabbia, dalla pura e dalla tristezza-, combattere senza tregua contro se stessi per non sentire o provare certe emozioni, è una battaglia contro i mulini a vento: la persona si concentra esclusivamente sul togliere, eliminare e allontanare quelle emozioni, non cogliendo invece l’opportunità che l’emozioni negative ci stanno in qualche modo lanciando, ossia di riconoscerle e di provare a mettere in atto strategie atte al cambiamento.
Naturalmente con questo non si vuole assolutamente dire che chi sperimenta questa emozioni non soffra! Anzi! Ma è necessario sapere che qualunque cambiamento non è possibile senza sforzo e senza un minimo di sofferenza. Imparare ad osservarsi e ad ascoltarsi, divenendo sensibili al proprio stato psico-emotivo, senza farsi da esso travolgere, ci consente di risparmiare l’energia impiegata nella lotta contro se stessi e le proprie emozioni e dirigerla verso le strategie che ci possono portare fuori dallo stato di disagio.